La foresta dei sogni
Recensione del film “La foresta dei sogni” di Gus Van Sant
Citazione preferita: “Se mi spari solo in sogno è meglio che ti svegli e mi chiedi scusa.”
Recensione del film “La foresta dei sogni” di Gus Van Sant
Recensione del documentario di Sebastiano Luca Insinga dedicato al ventesimo compleano dell’album Catartica
Al trentesimo minuto circa di Monterey Pop, documentario di D. A. Pennebaker del 1968, la telecamera inquadra il pubblico e si sofferma sull’espressione allo stesso tempo incredula ed estasiata di Mama Cass dei The Mamas & The Papas. Sul palco, Janis Joplin regala una delle più intense e ispirate versioni di Ball And Chain. Quell’immagine è il simbolo universale dell’effetto che fa una voce ruvida e lacerante, capace di penetrare
Dieci motivi semi-seri per accendere la TV (o il tablet-smartphone-pc) Lo avevate giurato dopo aver visto la scena finale di Breaking Bad. Basta serie TV perché nessuna, potrà mai toccare le vette narrative dell’epopea di Walter White. Poi avete ceduto alle lusinghe di True Detective. E la soddisfazione che vi ha procurato non ha fatto che rendere più convinto il giuramento di cui sopra. Mai più serie TV. Eppure l’estate
In un futuro neanche troppo remoto la vita sarà un’allucinazione collettiva o l’allucinazione collettiva servirà a rendere migliore la vita? Se pensate che sia stupido, o addirittura superfluo chiederselo, allora provate a calarvi nei panni di Robin Wright, o almeno della Robin Wright immaginata dal regista israeliano Ari Folman (e re-interpretata da se stessa con piglio kaufmaniano) in The Congress. Ovvero un’attrice quarantenne, icona del cinema anni Novanta sfuggita a
Prologo: Se state pensando che un film dallo stesso titolo, sì, lo avete già visto quando eravate più verdi, non siete vittime di improvvisi sovraccarichi di corrente nel vostro cervello. Il Principessa Mononoke che dall’8 al 15 maggio passerà in sala, in occasione della Festa del Cinema, è lo stesso Principessa Mononoke che nel 1997 confermò al mondo intero il talento visionario di Hayao Miyazaki, maestro dell’animazione giapponese. Con una
Linda Boreman è solo una ventenne vittima di un’educazione restrittiva e di un “errore” del passato quando incontra Chuck Traynor, in quegli anni Settanta in cui la voglia di liberazione personale delle nuove generazioni entra in conflitto con l’ostinata reticenza al cambiamento delle vecchie. Dopo un matrimonio lampo e l’illusione di una felicità possibile, la realtà fa presto capolino e Traynor spinge Linda nell’abbraccio “artistico” di Gerard Damiano. Nasce Linda
C’era una volta, in un regno lontanissimo dell’Antica Grecia, il barbuto re Anfitrione (Scott Adkins), a cui piaceva seminare il terrore tra i suoi sudditi e sfogare rabbia e frustrazione sulla moglie Alcmena (Roxanne McKee). Un bel giorno, con la complicità di Era, esasperata regina degli Dei, la donna mette in atto la tremenda vendetta: concepire il figlio di Zeus, colui che porrà fine ai soprusi dell’odiato marito e del
La storia ci insegna che non esistono solo vincenti. E che lo stesso concetto di vincente muta di accezione quando il tempo conferisce una giusta e (in)validante distanza. La storia ci insegna anche che, spesso, sono proprio le figure sullo sfondo – un gran numero di figure sullo sfondo – a far girare il mondo. A generare piccole grandi rivoluzioni e progressi. Figure come Eugene Allen, maggiordomo afroamericano per trent’anni
L’ottimismo è il sale della vita, diceva qualcuno. In tempi di asprezza e ristrettezze, l’ottimismo diventa il mantra che salva la vita. O almeno salva quella di chi lo ripete tutte le mattine. Come Checco (Checco Zalone), portiere d’albergo riciclatosi in “imprenditore” (leggi: venditore) ramo pulizia della casa (leggi: aspirapolveri), che sfida la crisi a colpa di buonumore, positività e desideri da soddisfare, anche quando il castello di carte gli