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Quanto è soggettivo il concetto di moralità? Tanto. Ce lo insegna Don Draper (interpretato da Jon Hamm), affascinante e misterioso protagonista della pluripremiata serie tv Mad Men, ideata da Matthew Weiner, ormai arrivata alla sesta stagione. Nella sua fredda coerenza, senza il minimo interesse per le opinioni o le disavventure altrui, Don riesce ad avere tante facce e maschere. Una di queste viene dal passato e non ha intenzioni di rindossarla. Altre cambiano velocemente, come tutto negli anni 60’. Quello di Don, superuomo Nietzscheano, è uno sguardo di disgusto per coloro che lo circondano i quali, in preda a intense passioni e sentimenti travolgenti, vivono la vita in balìa del destino. Lui invece ne è padrone, o almeno crede. Non ha schemi da seguire, né traguardi di vana felicità. Don è artefice e artista assoluto della sua esistenza che, per quanto sia invidiata e ammirata da subordinati e uomini d’affari, sembra non soddisfarlo mai completamente.
Ma andiamo con ordine. Detta così può non sembrare, ma questa è una serie tv molto amata da copywriter e art director, per via della sua ambientazione. Parliamo infatti del dorato mondo della pubblicità della New York degli anni ’60, Madison Avenue per la precisione, da cui la serie prende il nome (Mad Men). Che voi ci leggiate solo questo o il sottile riferimento del titolo alla pazzia dei personaggi, parliamo dei creativi dell’agenzia pubblicitaria Sterling Cooper. Don è il direttore creativo e, nel corso delle serie, ne diventerà anche socio (infatti l’agenzia diventerà Sterling Cooper Draper Pryce). Tutti hanno il massimo timore e rispetto per lui, ma i suoi esordi in pubblicità sono stati ben più umili e ci vengono raccontati attraverso dei lunghi flashback. Marito e padre devoto in determinate ore della giornata, Don frequenta anche altre donne e non disdegna di godere della vita che ha conquistato con sudore e coraggio. Quella vita, appunto, che non era neanche sua, ma di un soldato deceduto al quale ha rubato l’identità, per sfuggire ad un’esistenza da miserabile e ricominciare da capo. Nonostante il suo estremo riserbo, tanti sono i fantasmi che tornano dal passato per ricordargli chi è veramente, anche se, in un modo o nell’ altro, il fato di Dick (il suo vero nome) sembra dover rimanere quello di orfano caduto in guerra, senza una famiglia che possa piangerlo, senza un futuro.
Mentre tutti alla Sterling Cooper bevono e fumano una sigaretta dopo l’altra, il mondo sta cambiando e anche il modo di comunicare. Il potere dei media influisce sugli umori della gente durante gli storici eventi della campagna presidenziale americana del 1960 (Scontro fra Nixon e Kennedy), l’assassinio di quest’ultimo, la crisi dei missili di Cuba e la lotta per i diritti civili degli afroamericani. Tra brainstorming, focus group e briefing, i personaggi si scontrano, inoltre, con il caro vecchio problema del “cliente incontentabile”. Tanto pronto a rivolgersi all’esperto di comunicazione, quanto a non affidarvisi completamente.
Le vere protagoniste della serie drammatica, tuttavia, sono le donne. Tutte hanno in comune Don e tutte, avendone a che fare, cresceranno in qualche modo. Per analogia o contrasto.
La giovane segretaria Peggy Olson che, grazie alla sua ambizione e l’inaspettata benevolenza di Don, diventa in poco tempo una copywriter. Il personaggio, ossessionato dall’esempio di Don, scoprirà pian piano che nessuno è infallibile, neanche lui, e cercherà la sua strada senza emularlo. Peggy non perde occasione, nei gesti e nei fatti, per ribadire e dichiarare la sua indipendenza sessuale e di genere. Joan Holloway invece, segretaria capo e amante di Roger Sterling, preferisce ottenere tutto ciò che desidera dagli uomini sfruttando le armi della seduzione e dimostrandosi indifesa. Anche per lei, nel corso delle prime 5 stagioni, molte cose cambieranno. Betty è la tipica casalinga americana di quegli anni. Ha rinunciato a un passato da modella per sposare il suo Don e dargli due figli, ma col tempo scoprirà di non sapere realmente nulla di lui e di desiderare altro. Dopo il divorzio e il nuovo matrimonio si renderà conto che, nonostante abbia ottenuto tutto ciò che bramava, la felicità è ancora lontana. Che sia un difetto di personalità? E infine Megan, la nuova moglie di Don, giovane attrice di origine francese che farà perdere la testa al nostro protagonista tutto d’un pezzo per poi dimostrarsi poco più che una coetanea dell’adolescente figlia Sally.
La sesta serie è iniziata da poco. Il ritmo è sempre quello delle precedenti stagioni, dannatamente e meravigliosamente lento. Una cosa è certa dunque: rimane invariato il tempo che lo spettatore ha a disposizione per prese di coscienza individuali e approfondimenti sui propri beniamini. Tutto, la fotografia, la scenografia, la sceneggiatura, le atmosfere vintage, le mitiche battute del mio personaggio preferito Roger, a metà tra l’umorismo e la saggezza sconfinata, è come prima. Tranne Don che, dopo la quinta serie, dove per vari motivi sembrava aver toccato il fondo e perso un attimo la strada, ora, nella sesta, pare intenzionato a ritornare il caro vecchio Draper. Cinico e risoluto, traditore e mai pentito, direttore creativo senza eguali.